di Redazione Lavoratorio.it - Pubblicato il 19/09/2025
Redazione Lavoratorio.it
Il Governo sta valutando un provvedimento che renderebbe automatica la destinazione del TFR alla previdenza complementare per i lavoratori neoassunti. Non si tratterebbe di un obbligo: resterebbe infatti la possibilità di scegliere diversamente, ma solo entro sei mesi dall’assunzione, attraverso il meccanismo dell’opt-out. L’obiettivo dichiarato è quello di rafforzare le adesioni ai fondi pensione, considerati sempre più necessari per integrare le future pensioni pubbliche, spesso insufficienti soprattutto per i giovani con carriere discontinue.
LE DICHIARAZIONI DI DURIGON
A parlarne è stato il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon, intervenuto a Roma a un convegno sullo sviluppo dei fondi pensione organizzato da Arca Fondi e Itinerari Previdenziali. L’ipotesi è parte del dibattito sulle misure che il Governo Meloni punta a inserire nella Manovra 2026, in cui il tema del TFR è al centro di diverse proposte.
LA NORMATIVA ATTUALE
Un meccanismo di silenzio assenso esiste già. L’articolo 8, comma 7, del decreto legislativo 252/2005 stabilisce che entro sei mesi dalla prima assunzione il lavoratore possa decidere se conferire il proprio TFR a una forma di previdenza complementare (in genere quella prevista dal contratto collettivo applicato) oppure lasciarlo in azienda. In assenza di scelta, l’adesione ai fondi pensione scatta automaticamente.
LE DIFFERENZE CON IL NUOVO MECCANISMO
Secondo quanto anticipato da Durigon, la riforma in discussione introdurrebbe un sistema più stringente. Il TFR dei neoassunti confluirebbe subito nei fondi pensione, senza attendere la scadenza dei sei mesi. Il lavoratore, per mantenere il TFR in azienda e destinarlo alla liquidazione futura, dovrebbe quindi comunicare esplicitamente la sua scelta entro un semestre. Si tratterebbe, in sostanza, di un silenzio assenso rovesciato rispetto all’attuale disciplina. La misura, se approvata, riguarderebbe gli assunti a partire dal 2026.
ALTRE IPOTESI IN CAMPO
Non si tratta dell’unica proposta sul TFR in vista della Legge di Bilancio 2026. Tra le ipotesi discusse figura la possibilità di utilizzare il TFR per raggiungere la soglia di pensione anticipata a 64 anni, che oggi richiede almeno 20 anni di contributi e un assegno pari ad almeno tre volte l’importo dell’assegno sociale. In questo caso si valuterebbe di sommare i versamenti alla previdenza obbligatoria con quelli alla previdenza integrativa.
IL RITORNO DEL SEMESTRE DI SILENZIO ASSENSO PER TUTTI
Torna inoltre sul tavolo l’idea di estendere a tutti i lavoratori un semestre di silenzio assenso, misura già discussa in passato ma poi scartata. La proposta, sostenuta da Itinerari Previdenziali, include anche l’utilizzo del Fondo di Garanzia per le PMI per facilitare l’accesso al credito delle imprese che destinano gli accantonamenti dei dipendenti ai fondi pensione.
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