Le aziende italiane non riescono a trovare 76mila figure professionali. E’ il dato che emerge dalla ricerca annuale condotta da Unioncamere e dal Ministero del lavoro. Anche Lavoratorio.it nei giorni scorsi ha puntualmente ricevuto il documento che sintetizza i dati della ricerca e lo ha pubblicato nella sezione documenti (per scaricarlo, cliccare QUI).
Come ogni anno, dai tempi della civiltà sumerica, un urlo corale ha provato a straziare i sensi di colpa dell’Italia intera: “Maccome? Il tasso di disoccupazione è drammatico, eppure 76mila lavoratori, sulle quasi ottocentomila assunzioni dichiarate dalle aziende, risultano “introvabili”.”
Un, due, tre, pronti, via: immancabili, anche quest’anno, sono decollate le analisi e le spiegazioni dei soliti idioti. Niente a che fare con le web star in procinto a passare al cinema ed alla televisione. Piuttosto, trattasi di professionisti del cazzeggio, che trovano ospitalità su qualche giornale, in cambio di un tozzo di pane e della firma sotto all’articolo, così la nonna è contenta.
Fra le tesi più gettonate:
- Scollamento fra mondo della scuola e mercato del lavoro (opinionisti di sinistra)
- Voglia di lavorare saltami addosso (opinionisti di destra)
Peccato che:
1) La scuola non ha mai saputo, in nessuna epoca ed in nessuna regione al mondo, trasmettere le competenze richieste dalle aziende. D’altra parte, non è questo il suo compito.
2) Analizzare un sistema informatico (giusto per fare riferimento ad una delle professionalità definite “introvabili”) non è un problema di voglia di lavorare, ma di competenze. Che nessuno trasmette.
Ad essere proprio cattivi, si potrebbe rispondere a questi soloni del nulla che, invece di prendersela con la scuola e i disoccupati, magari sarebbe il caso di analizzare la capacità delle aziende di cercare i collaboratori. Che in Italia è pari a una cacca.
Troppo facile dimostrarlo: le aziende e i selezionatori che si lamentano di non trovare nei candidati le competenze necessarie, non sono nemmeno in grado di descrivere queste competenze. Probabilmente, nemmeno le conoscono.
E’ sufficiente dare un’occhiata alla maggior parte delle inserzioni di lavoro pubblicate in Italia: dove e come sono descritte queste competenze? Meglio stendere un velo pietoso. Anzi, un doppio velo, come la Scottex prima della crisi. E rinviare, ancora una volta, ad un documento pubblicato da Lavoratorio.it nel lontano 2009: “L’inserzione imperfetta – Come leggere un annuncio di lavoro e capirci qualcosa”.
In sei anni, quel documento è stato gratuitamente scaricato oltre 700mila persone. Non erano selezionatori del personale.
Roberto Marabini
Direttore Lavoratorio.it
Post scriptum: le competenze professionali si apprendono solo ed esclusivamente in azienda. Non ci sono ponti o colle che tengano. La ricetta? Tagliare gli sprechi della pseudo-formazione, detassare le aziende che (realmente) formano sul campo.